Il 6 gennaio, festa dell’Epifania, il vescovo Erio Castellucci ha celebrato la messa qui nella nostra parrocchia!
Ecco qui l’omelia, che si può anche scaricare in pdf e l’audio!
Camposanto, 6 gennaio 2021
Epifania del Signore
OMELIA del VESCOVO ERIO
(Mt 2,1-12)
Centinaia di chilometri, forse anche un migliaio, separavano la terra dei Magi dalla terra di Gesù, la terra del Messia. Eppure hanno percorso questa distanza mettendoci sicuramente settimane, magari mesi, perché attirati da una stella. Questa è l’immagine dell’umanità che cerca, che si lascia attirare, che non siede comoda in casa. Sarebbe facile per tutti stare arroccati alle nostre certezze, evitare di uscire, di intraprendere nella nostra vita qualche viaggio coraggioso, di coltivare l’orticello, stare fermi. Ma il Vangelo di Matteo ci presenta i Magi come persone che cercano, che hanno il coraggio di mettersi in cammino. Ci sono invece altri personaggi che stanno fermi, bloccati: Erode, i capi dei sacerdoti, gli scribi. Loro sono a pochi chilometri da Betlemme, dal Messia (in linea d’aria 10-12 km da Gerusalemme a Betlemme); eppure non escono neanche dal palazzo, non escono dalle mura della città. Sentono dai Magi della stella, interpretano giustamente la profezia “tu Betlemme terra di Giuda”, però non si muovono, mandano gli altri: “andate, andate, poi quando l’avrete trovato avvisateci, verremo anche noi ad adorarlo”. Con l’idea, in realtà, di eliminarlo.
Sono le due possibilità di vita che il Vangelo ci mette davanti: la forza e il coraggio del cammino, dell’ uscire da se stessi, dell’intraprendere strade nuove seguendo la stella che per noi è la Parola del Signore; oppure la paura, il voler conservare tutto, evitare qualsiasi novità, rimanere incapsulati su se stessi, rimanere chiusi nel palazzo. Ed è significativo che nel Vangelo di Matteo questi due atteggiamenti siano rappresentati rispettivamente da pagani (persone lontane non solo fisicamente ma anche culturalmente, come mentalità) o viceversa da persone molto vicine, addirittura dagli interpreti della Legge che abitavano a Gerusalemme. Perché a volte i vicini sono proprio quelli che stanno più arroccati, che chiudono, che non permettono agli altri (quelli ritenuti lontani) di avvicinarsi a Gesù.
Alla fine però i Magi arrivano e saranno aiutati da un sogno a non ritornare per la stessa strada; ci vuole cioè il Signore ad evitare le chiusure e le paure, non bastano le forze umane. Alla fine i Magi arrivano e fanno dei doni particolari, solo in parte previsti dal profeta. Abbiamo sentito la prima lettura dove si immaginava che questi popoli con i cammelli arrivassero ed offrissero oro e incenso. Si fermava lì la profezia. Il compimento della profezia è: “aprirono i loro scrigni e offrirono oro, incenso e mirra”. La mirra era imprevista. Cioè che questo Dio e Re a cui si offrivano l’oro e l’incenso, fosse qualcuno che prendeva la strada della croce, che si lasciava uccidere pur di condividere tutto (perché la mirra era una delle componenti dell’imbalsamazione dei cadaveri), questo non poteva essere previsto. Gli ebrei aspettavano un Dio glorioso, un Messia che si imponesse, non immaginavano un Messia che si rivestisse dei panni del neonato, che percorresse le nostre strade, che si facesse carico fino a vivere la nostra condizione umana nelle sue fragilità e addirittura si lasciasse mettere in croce. Questo non potevano aspettarselo. I Magi dunque, con i loro doni (che vanno certamente al di là di quello che loro sapevano, però rappresentano quello
che è Gesù), fanno capire che questo Re a cui si offre l’oro, questo Signore a cui si offre l’incenso passa attraverso la nostra condizione umana, persino la morte.
È dunque un Dio vicino, un Dio che cammina con noi! Oggi forse gli offrirebbero anche la mascherina perché è un Dio che cammina nella nostra condizione, questo è lo stile di Dio: ha voluto condividere tutto , fuorché il peccato (questo dicono le Scritture, cioè: non ha preso la colpa, ha preso le conseguenze della colpa, ha assunto la nostra situazione). Per questo noi nei Magi ci sentiamo visitati da Lui, accompagnati da Lui; non è un Dio che sta su nei cieli a guardare quello che succede, è un Signore che si fa veramente carne e questo ce lo hanno testimoniato i sapienti venuti dall’oriente e che poi non sono diventati suoi discepoli, il Vangelo dice che ritornarono. Quindi il Signore viene davvero per tutti: non solo per i vicini ma anche per i lontani, la sua venuta è una venuta che si apre a tutti i popoli. Il Signore sa valorizzare quello che di buono e di bello c’è ovunque.
Chiediamogli che ci doni questa apertura, che non ci faccia chiudere nelle nostre regge, nei nostri palazzi a Gerusalemme ma che ci renda attenti a tutti i segni che vuole mandarci, a tutte le stelle che possono comparire in cielo, a tutti i neonati, cioè i segni umili, piccoli che incontriamo nella nostra strada, soprattutto le persone che soffrono (certamente ci siamo anche noi adesso tra quelli, siamo tutti infragiliti), che hanno particolarmente bisogno di ricevere un raggio della luce di questo Signore che si è fatto carne.
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